un sacchetto di biglie

una coproduzione Bam!Bam! Teatro e AGA Associazione Giochi Antichi • Tocatì Festival Internazionale dei Giochi in Strada - in collaborazione con il Conservatorio Evaristo Felice Dall'Abaco di Verona

spettacolo disponibile anche in lingua francese

dal romanzo di Joseph Joffo
scritto e diretto da Lorenzo Bassotto
con Lorenzo Bassotto e Roberto Maria Macchi
con la partecipazione straordinaria di Giulio Brogi nella voce di Joseph Joffo
maschere di Roberto Maria Macchi
musiche di Olmo Chittò
Ruben Medici • violino
Filippo Avesani • clarinetto
Pierre Todorovitch • clarinetto basso
Mario Filippini • contrabbasso
Olmo Chittò • vibrafono e synth
costumi di Antonia Munaretti
light design e tecnico Claudio Modugno e Matteo Pozzobon
editing audio di Giancarlo Dalla Chiara
organizzazione di Daniele Giovanardi
foto e video di Barbara Rigon

LA STORIA
La vicenda narrata si svolge in Francia, nel periodo della seconda guerra mondiale durante l’occupazione tedesca. A Parigi, nel quartiere ebraico, vive la famiglia Joffo composta dai genitori e da quattro figli maschi, due già adulti che aiutano il papà nella sua attività di parrucchiere e due più piccoli, Maurice e Joseph che frequentano la stessa scuola, in classi diverse. Ed è Joseph, il più piccolo, a raccontare le peripezie compiute dalla sua famiglia per sfuggire alla Gestapo. Una fuga ininterrotta che accompagna la sua famiglia dai tempi del nonno, costretto a lasciare la Russia ai tempi dei “pogrom”, le persecuzioni razziali contro gli ebrei. Per Joseph tutto inizia quando sua madre è costretta a cucire una stella gialla sui cappotti dei figli. Appena arrivati a scuola, sia Joseph, sia Maurice vengono presi in giro dai compagni, ignorati dal maestro e picchiati all’uscita. La sera stessa il padre, dopo un lungo discorso, avvisa i due ragazzi che è necessario che la famiglia si separi e che tutti scappino a gruppi di due a due per non dare troppo nell’occhio. Il padre dà loro una somma di denaro e un indirizzo dove dovranno ritrovarsi. Inizia per Maurice e Joseph una fuga attraverso la Francia per raggiungere la linea di demarcazione a sud della nazione, verso Mentone e Nizza, che i due fratelli raggiungeranno correndo numerosi rischi e pericoli, ma che dovranno poi abbandonare in seguito all’armistizio firmato dall’Italia. I soldati italiani presenti in questa zona verranno sostituiti dai soldati tedeschi che arresteranno i due fratelli e li sottoporranno ad estenuanti interrogatori. Al termine della guerra, la famiglia Joffo riuscirà a ricongiungersi, ma uno dei suoi membri, finito in mano ai tedeschi, non tornerà mai più.

IL CONTESTO
Il libro è scritto nell’ottica di un bambino di dieci anni, costretto a crescere rapidamente, ad abbandonare i suoi giochi preferiti, soprattutto le sue biglie, per cavarsela in un mondo ostile e in difficoltà per la guerra. Il protagonista s’interroga sulle cause di tanto odio nei confronti del suo popolo, ma non riesce a capirne la ragione. Al termine del romanzo l’autore pone, a se stesso e ai lettori, la domanda: “Accadrà di nuovo?”. La narrazione è veloce e coinvolgente portando il lettore, in un soffio, al termine del romanzo. Joseph Joffo è discendente di una famiglia di ebrei russi, è nato a Parigi nel 1931, ha scritto altri romanzi e racconti, tra cui “Anna e la sua orchestra” che è la storia della fuga della famiglia di suo nonno dalla Russia. La Francia della seconda guerra mondiale, con la sua divisione tra territori occupati e territori liberi sotto il regime collaborazionista, è il teatro delle avventure di questi due fratelli. La storia è una vera e propria road novel riuscitissima e coinvolgente che ha avuto un gran successo, con una trasposizione cinematografica nel 1975 e una in produzione, e che ancora oggi è molto letta e commentata. L’autore, ancora vivente, ha poi continuato a scrivere pubblicando diversi romanzi, senza però dimenticare le origini della famiglia. A Parigi, tuttora, sono attivi in zone differenti della capitale tre negozi di coiffeur della famiglia Joffo.

LO SPETTACOLO
La messa in scena di un romanzo, e soprattutto di un romanzo ricco come questo, è obbligatoriamente un lavoro di interpretazione. Condensare le avventure dei due fratelli Joffo in un’ora di spettacolo o poco più, consiste in un grosso lavoro di concentrazione e soprattutto di evocazione, scegliendo quale “lingua” utilizzare per meglio farsi capire e per meglio avvicinarsi al sentire del romanzo. La drammaturgia si focalizzerà sul gioco delle biglie come filo conduttore della storia, come percorso salvifico per uscire dalla paura e tornare a vivere. Le biglie del piccolo Joseph sono una sorta di gioiello protettivo, una specie di anello magico di Tolkien che hanno il potere di riportare alla memoria del piccolo protagonista i momenti belli o dolorosi, ma in ogni caso liberi, di prima della guerra. Un potere immaginario molto potente, il potere che solamente le cose legate intimamente con il nostro essere, come il gioco possono scatenare. La fuga dei due protagonisti, nella trasposizione teatrale prenderà i connotati di un lungo percorso “nella sabbia”, una gara con le biglie che sembra infinita e senza vie d’uscita, ma allo stesso tempo ne subirà gli arresti e i colpi secchi di un gioco di biglie nel cerchio. Le sue regole, i colpi di fortuna e di abilità segneranno ogni passaggio drammaturgico creando un parallelo tra il gioco e la vita. Le biglie diventeranno quindi il vero e proprio contesto, il territorio immaginario sopra la Francia, sopra il mondo, nel quale la vita dei piccoli si svolge. Un percorso dicevamo, salvifico, proprio perchè legato all’immaginazione e al potere insuperabile del gioco di portarci oltre.

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